Rotary Club Lanciano - Viale Rimembranze 19 Lanciano - info@rotaryclublanciano.it IL ROTARY AL SERVIZIO DELL'UMANITA'
Welcome visitor you can log in or create an account

Lanciano Città Medaglia d'Oro al V.M.

Lanciano citta' del Miracolo, della musica, delle fiere

Tra la Maiella e il Mare Adriatico, distesa su colline dolcemente degra­danti verso la valle del Sangro, Lanciano è il naturale punto di conver­genza e capoluogo del Comprensorio Sangro-Aventino.

Le sue origini si perdono nella notte dei tempi. I risultati delle indagini archeologiche testimoniano la presenza di un abitato Neolitico e i più recenti scavi nel Centro Antico hanno messo in luce i resti della Città di Anxanum: una grande struttura abitativa databile al XII sec. a.C.; un in­sediamento, quindi, tra i più antichi d'Abruzzo.

Lanciano città di cultura

di Emiliano Giancristofaro

  Il visitatore attento di Lanciano si rende conto subito di trovarsi di fronte ad una città che non é soltanto nelle indicazioni turistiche, nelle notizie sulla sua storia e sui suoi monumenti, ma più ancora nel complesso di sensazioni che riceve conoscendo la sua popolazione, il suo artigianato e, cosa di grande importanza, le sue manifestazioni religiose e civili. Solo così ne può comprendere la realtà presente e il passato anche più lontano.

Image   Lanciano è di origine assai antica. Una tradizione continua, riportata da due dei suoi storici del '600, Giacomo Fella e Pietro Pollidori, attribuisce la sua fondazione ad un compagno di Enea, Solima, che la chiamò Anxanon dal nome del fratello Anxa; contemporaneamente, sempre secondo la tradizione, Solima fondava Sulmona, e si faceva spesso riferimento, nella tradizione storiografica, alla comune origine delle due città.

   Il nome nel II sec. a.C. diventò Anxanum, e soltanto sul finire del Medioevo si comincia a trovare Lanzano e il nome attuale. Ma, come in genere per la nascita di tutte le città antiche, sono dati che si perdono nella leggenda e nel mito. Notizie scritte su Lanciano durante la conquista dei Romani le abbiamo da Varrone, Livio, Sigonio e Plinio il Vecchio, tutti concordi nel ritenere Anxanum la illustre capitale della gente frentana, e nel ricordare le sue nundinae, come si chiamavano i mercati annuali romani.

   Le testimonianze degli storici, le iscrizioni latine rinvenute nel Medioevo e nell'età moderna, molte purtroppo andate perdute, i suoi templi, le sue istituzioni e le sue magistrature dimostrarono, come scriveva un erudito storico settecentesco che ne fu arcivescovo, A. Ludovico Antinori, «che fosse stata una città colta, ricca, ben governata, e non ignota ai Romani, le di cui pratiche ed usanze cercava sempre di emulare nelle cose civili e sacre». Vi si esercitava soprattutto l'arte della tessitura della lana e della lavorazione delle pelli, e rinomanza avevano le attività commerciali, «l'arte farmaceutica» e l'unguentaria», come attestava una lapide sepolcrale in cui si leggeva di una Lucilla Unguentariae.

   In seguito, nell'alto Medioevo, la storia della città registra gravi episodi di saccheggi e di guerra ad opera dei Goti e dei Longobardi, i quali la rasero al suolo e successivamente costruirono sulla ripa del Colle Erminio (Lancianovecchia) un imponente castello.

   Sulle rovine della città romana i superstiti ricostruirono le loro case e, nella corte anteana (Piazza Plebiscito), fu costruita la Chiesa dei Santi Legonziano e Domiziano dove, nell'VIII secolo, avvenne il Miracolo Eucaristico che oggi si conserva nella Chiesa di S. Francesco: un monaco basiliano, tormentato dal dubbio, mentre celebrava la messa, sulla reale presenza di Gesù nel Sacramento, verificò la conversione dell'ostia in carne e del vino in sangue che si raggrumò in cinque globuli irregolari conservati in un reliquiario, oggetto di devozione e di numerosi pellegrinaggi.

 Image  Ma, senza perderci nei dati incerti sul suo successivo sviluppo, nel Medioevo troviamo a Lanciano una popolazione il cui grado di civiltà e benessere è ammirato da molte città del Mezzogiorno, soprattutto per le sue attività mercantili. Federico Il di Svevia la eleva a terra demaniale e Carlo II D'Angiò la dichiara «perpetuamente demaniale». Conseguenza di questa sottrazione alla giurisdizione feudale, specie a quella del Conte Filippo di Fiandra, fu il privilegio del 1304 con cui la città ebbe il suo Mastrogiurato: avvenimento che dà il segno a tutto il suo successivo evolversi comunale e commerciale.

   Le nundinae diventano le famose fiere che richiamano mercanti da tutte le parti, anche da paesi esteri: «v'erano genti, racconta uno storico, del contado col giubetto rosso e turchino, poi Ebrei dalle fascie gialle, e Albanesi e Greci, e Dalmati e Toscani: era un insieme di lingue diverse, era una confusione, era . . .un incubo». Le sue nove porte medievali, di cui unica superstite è quella di San Biagio, accoglievano sotto l'immunità mercanti provenienti da ogni parte e le fiere duravano tanto che nacque il modo di dire registrato dal vocabolario della Crusca: «Tu non giungeresti a tempo alle fiere di Lanciano, che durano un anno e tre dì».

   Fino al XV secolo la città diviene sempre più florida per popolazione, per istituzioni, per monumenti. Ai tempi di Carlo III di Durazzo, certo Mastro Giovanni Milasio introdusse nella città «l'arte di fare gli aghi», e «l'insegnò ai cittadini», sì che ben presto gli aghi furono noti ovunque, come ricordano due poeti veneziani nelle loro commedie: «due aghi de Lanzan pungenti e fini per un pezo pigliai», «Cabaleo, che prima vendea ménole, adesso va vendendo aghi de pomole, ed aghi de Lanzan pe ste pettegole». Una via, quella degli «agorai», attesta ancora quanto fosse sviluppata questa arte.

 Image  Nella prima metà del Trecento, sui ruderi di un antichissimo tempio dedicato ad Apollo, veniva costruita la chiesa di S. Maria Maggiore, una delle più belle espressioni dell'architettura gotico-borgognona, il cui portale di marmo e il rosone furono opere, nel 1317, di un artista abruzzese, Francesco Petrini. Altre sue chiese furono costruite sui ruderi di templi pagani ed in qualcuna vi sono opere di artisti locali.

   Negli ultimi anni del XIV secolo Lanciano ottiene dal Monastero di S. Giovanni in Venere «la terra di s. Viro» con la concessione di costruirvi un porto. È, questo, un avvenimento importante non salo per l'incremento delle sue fiere, ma per lo sviluppo economico e civile, tanto che fra le altre città d'Abruzzo, si distingueva anche per uomini di scienza e di cultura, come il famoso giureconsulto Carlo Tapia e il naturalista Giacomo Fella.

   Poi, come per altre città del Meridione, le invasioni dei Francesi e degli Spagnoli in lotta tra di loro, cominciano a provocare i fenomeni di declino. Dissidi interni tra alcune potenti famiglie, continui tentativi da parte di vicini signori feudali, come i d'Avalos di Vasto, di impadronirsene, le pestilenze, iniziano un periodo di triboli per Lanciano. Con la tirannia del governo spagnolo del XVI e XVII secolo, che causarono le numerose rivolte nelle province napoletane, cominciano ad esserle ritirati i privilegi e le immunità delle sue fiere; e i dazi, la poca sicurezza sulle strade infestate da ladri, una tremenda pestilenza del 1656 completano il processo di decadenza.

   Nel 1607 fu consacrata la chiesa del Convento dei Cappuccini dedicata a S. Bartolomeo, in una «contrada» in cui già esisteva un'omonima cappella di cui si hanno notizie sin dal 1334, unita nel 1573, in piena riforma tridentina, alla Mensa arcivescovile: in essa, purtroppo in abbandono, sono conservate importanti opere di ebanisteria e pittoriche, tra cui alcune di grande valore (S. Bartolomeo, Madonna col Bambino e S Felice di Cantalice) del pittore bergamasco Giovanni Battista Spinelli, allievo di Massimo Stanzione, attivo tra il 1630 e il 1660.

   I fatti politici di quest'epoca segnano la fine della sua libertà demaniale e comunale e la «compera» da parte del Marchese di Vasto Ferdinando d'Avalos, che la carica di balzelli e di tasse.

   Di questo sventurato vassallaggio alla casa d'Avalos, durato fino alla seconda metà del Settecento, si raccontano episodi tristissimi, come quelli di alcuni cittadini costretti a vendersi i figli per redimersi dalle implacabili vessazioni delle imposte.

   Nel Settecento la vita della città non presenta avvenimenti di grande importanza per lo meno quanto all'economia cittadina e al suo sviluppo; essa è caratterizzata da quella oppressione degli spiriti comune a tutte le città sotto il regime degli Spagnoli. Pur tuttavia in questo periodo troviamo grandi musicisti come Fedele Fenaroli, giuristi come Girolamo Montanari, naturalisti come G. Battista Verna.

   E' all'inizio dell'ottocento che in Lanciano troviamo un risveglio civile che riguarda tutta la popolazione. La città partecipa agli eventi politici del Risorgimento, a cominciare da quelli della Repubblica partenopea del '99, e la sua collaborazione è fattiva e in senso progressista. Proprio per la adesione al governo francese, il 26 settembre 1808 Gioacchino Napoleone, re delle Due Sicilie, decretava che «la residenza del Tribunale di Appello, per le tre province degli Abruzzi, è stabilita nella città di Lanciano», che fino ai nostri giorni, anche se con alcuni smembramenti, è rimasta sede del Tribunale. Numerose turono, in seguito, le sollevazioni antiborboniche, soprattutto ad opera dei patrioti Carlo Madonna e Domenico Genoino; i suoi moti insurrezionali del '48, del '49 e del '53 furono a carattere popolare, ed in seguito a quello del 22 Marzo del '50 venne addirittura da Napoli il Generale De Brunner per ristabilire l'ordine.

   I sentimenti apertamente ostili ad ogni tirannide, lo spirito democratico e il cospicuo numero degli «attendibili», valsero l'appellativo a Lanciano da parte della polizia borbonica di «città fellone». E appena il giorno dopo l'entrata in Napoli di Garibaldi, l'8 settembre 1860, Lanciano unanime delibera la sua annessione all'Italia unita.

   Successivamente la città si mantenne ancorata a questi principi di libertà e di democrazia scrivendo, per la rivolta contro l'occupazione nazista nell'ultima guerra, una delle più belle pagine della sua storia, che le valsero la Medaglia d'oro al Valor Militare: il 6 ottobre del 1943 un pugno di giovani «reagiva ai soprusi della soldataglia tedesca con l'azione armata» e, di essi, undici trovarono la morte in combattimento e dodici per rappresaglie, mentre tutta la popolazione «per nove mesi di dure prove . . forniva valorosi combattenti per la lotta di liberazione, sosteneva la Resistenza, dava tutto il nobile esempio di patriottismo e di fierezza».

   Tutta la cittadinanza partecipò, durante le tragiche giornate di lotta, con trepidazione spasmodica all'ardimentosa impresa dei suoi «Eroi Ottobrini», riconoscendosi negli ideali che la loro adesione stimolava e sorreggeva, manifestando la sua sete di libertà e di democrazia.

   Ma con i periodi del suo massimo splendore, niente più del suo patrimonio culturale tradizionale e del suo sentimento religioso si presenta capace di farne vagliare la vitalità. Il culto religioso è motivo della nascita delle sue leggende, dei suoi Santi Patroni e delle sue tradizioni miracolistiche. Sono ancora vive tradizioni di inestimabile valore per la storia del popolo e del suo costume: la squilla, il dono, la festa di 5. Egidio, la festa di S. Antonio abate ed altri resti di laude e sacre rappresentazioni medievali come la processione di Pasqua; e poi arti e tecniche che si tramandano da secoli, come quella dei vasai di Lancianovecchia, e molte feste religiose e civili, che segnano ciò che rimane del patrimonio culturale del suo popolo, facendo conoscere la storia delle sue passioni civili, delle sue costumanze, del suo sentimento religioso.

   Per quanto riguarda le attività artigianali e commerciali, non soltanto tradizionali, una volta a fondamento di molte vicende della storia e della cultura di Lanciano, esse sono ancora una peculiare attitudine di tutto un popolo e costituiscono un vero e proprio legame degli uomini di oggi con quelli di ieri e un impulso ad iniziative sempre nuove. Ciò soprattutto per l'attitudine mercantile che Lanciano ha dimostrato nei secoli con le sue fiere, come testimoniano le ricerche di storici locali, primo fra tutti Corrado Marciani e poi studiosi slavi: questa attitudine mercantile ha trovato sbocco, negli ultimi decenni, nella istituzione di un Consorzio Autonomo Ente Fiera che promuove attività e manifestazioni commerciali nel territorio nei vari settori della produzione industriale, artigianale, agricola, per soddisfare le esigenze di sviluppo registrate negli ultimi anni. Notevole, poi, il molo che la città ha nella produzione libraria e culturale. Nel '500, ai primordi della stampa, alle fiere di Lanciano era attivo il commercio librario, e già nel XVII secolo inizia l'attività di piccole tipografie che, nella seconda metà del secolo scorso, culmina con la nascita della grande Casa Editrice Rocco Carabba, un complesso che alla vigilia della prima guerra mondiale occupava circa 400 dipendenti, pubblicando migliaia di titoli per milioni di copie, con un contributo notevole alla cultura italiana del Novecento. Nel 1909, con la collaborazione avuta da Giovanni Papini, l'editore Carabba avviò la famosa collana della «Cultura dell'Anima» a cui collaborarono i maggiori scrittori del tempo, da Prezzolini a Giovanni Amendola, Soffici, Gobetti, Sapegno, con classici di letteratura e di filosofia, e in seguito promosse collane di varia umanità con filosofi come Giovanni Gentile, scrittori come Salvatore Di Giacomo, Matilde Serao, Pirandello, giovani intellettuali come Montale e Moravia, ecc.

   Si tratta di un fenomeno industriale e culturale che, ha scritto Mario Pomilio, non si sarebbe potuto verificare se Carabba non avesse respirato l'atmosfera attiva e per così dire imprenditoriale che «da secoli distingueva Lanciano dalle tante stagnanti città del Meridione e se soprattutto egli non avesse avuto alle spalle, a facilitargli i primi passi, la esistenza di una serie di condizioni locali che non s'inventano, l'esistenza di quella tale borghesia del pensiero che poteva offrirgli, in pari tempo, dei prodotti intellettuali e un mercato, e la esistenza di una mentalità, per così dire, operaia, d uomini cioè avvezzi all'attività artigianale e addirittura alla vita di fabbrica, che gli consenti di organizzare la sua tipografia e i suoi sistemi di lavoro secondo un modello via via più moderno». Una operosità che si coglieva anche nelle altre fabbriche, negli artigiani, del legno, del ferro, della terracotta, nelle iniziative culturali e di studio, tra cui primeggiava il suo glorioso Liceo, nelle attività ricreative e nelle manifestazioni folkloristiche, nello stile delle sue Chiese e dei suoi palazzi.

   Anche se, oltre alla gloriosa Carabba, - che ha cessato la sua attività nel 1950 a causa delle gravi difficoltà economiche conseguenti alle vicende belliche, riprendendo, per passione e volontà di alcuni lancianesi amanti di buoni libri, nel 1974 - alcune industrie hanno segnato il passo nell'ultimo dopoguerra, altre iniziative, sia pure in tono minore, hanno caratterizzato la Lanciano produttiva degli ultimi anni, soprattutto in relazione alla sua presenza nel «Consorzio per lo Sviluppo Industriale del Sangro», dove si sono avuti grandi insediamenti industriali quali la Sevel, la Piaggio, la Honda, ecc.

   Con la segnalazione di alcuni aspetti del patrimonio culturale popolare si vuole concludere questa breve nota. Indubbiamente la tradizione più intimamente legata alla vita religiosa e culturale di Lanciano è «La Squilla», una campanella posta sulla Torre Civica che, l'antivigilia di Natale, suona ininterrottamente dalle 18 alle 19 a ricordo del viaggio penitenziale che un arcivescovo, Paolo Tasso, alla fine del XVI secolo, fece dal suo Palazzo verso la cappelletta rurale dell'Iconicella, a piedi nudi, per rievocare il cammino dei pastori che cercavano la grotta di Betlemme; essa, preludio del Natale, significa il rito della concordia e della pace per i lancianesi, è simbolo della città ed ha tutte le caratteristiche di una tradizione particolare ed originalissima. Anche Il Dono, la processione votiva con cui i contadini delle contrade offrono, l'8 settembre, le primizie alla Protettrice della città, la Madonna del Ponte, è una festa religiosa antichissima e ricollegantesi ai riti pagani che si celebravano al ritorno della stagione autunnale in onore delle divinità campestri; così altre manifestazioni turisticospettacolari, quale il Mastrogiurato, corteo in costume cinquecentesco che rievoca l'investitura del Magistrato in fiera; o quell'eccezionale avvenimento che sono i «Corsi Musicali Estivi», tra luglio ed agosto di ogni anno: per 50 giorni nell'Auditorium di Diocleziano, nelle piazze dei quartieri storici o nei Sagrati delle chiese, centinaia di giovani allievi di Conservatori provenienti dall'Italia e dall'estero partecipanti a corsi di perfezionamento tenuti da docenti di fama, offrono concerti di alto livello diretti da artisti di fama internazionale, in sintonia con quella grande tradizione musicale della città che aveva avuto l'espressione più famosa nella banda comunale.

Tratto dalla Guida Storico Artistica edita dal Comune di Lanciano. Testi di: Vittorina De Cecco, Emiliano Giancristofaro, Vittorio Renzetti

La Storia di Lanciano

La Storia Una tradizione continua, riportata da due suoi Storici del '600, Giaco­mo Fella e Pietro Pollidori, attribuisce la sua fondazione ad un compa­gno di Enea, Solima, scampato dalla distruzione di Troia (1180 a.C.), che la chiamò Anxanon dal nome di suo fratello Anxa. Contempora­neamente, sempre secondo la tradizione, Solima fondava Sulmona, e nel Medioevo si faceva spesso riferimento nei diplomi e nei documen­ti alla comune origine delle due città. Il nome, nel II sec. a.C. diventò Anxanum, e soltanto sul finire del Medioevo si comincia a trovare Lanzano e il nome attuale. Poco prima della fondazione di Roma fu colonia greca. Gli Etruschi vi abitarono fino all'invasione dei Galli (363 a.C.); quindi, intorno all'anno 435, passò sotto il dominio di Roma. Ma, come in genere per la nascita di tutte le città antiche, sono dati che sfumano nella leggenda e nel mito.

Notizie scritte su Lanciano e sui Frentani durante le conquiste dei Roma­ni le abbiamo da Varrone, Livio, Sigonio e Plinio il Vecchio, tutti concor­di nel ritenere Anxanum la illustre capitale di questa gente e nel ricorda­re le sue nundinae, come si chiamavano i mercati annuali dei Romani.

 Tolomeo nella 'descrizione del mondo' fu il primo a darne le coordina­te. Anxanum è riportata nella tavola pentingeriana e nell'itinerario di Antonio Pio, pubblicato nel 262 come stazione (mansiones) della via Traiana Frentana nel tratto da Aterno a Larino. I due itinerari sono stati pubblicati dal Mommsen nel volume IX del 'Corpus lnscriptionum lati­narum' a pag. 204- VoI. VI.

Lanciano fu dapprima colonia e poi Municipio Romano. La prova docu­mentale ci deriva da una lapide originariamente murata nel campani­le in Piazza Plebiscito e gravemente danneggiata dal bombardamento tedesco del 6 Aprile 1944. Alcuni frammenti sono stati recuperati e ri­composti nella parete a sinistra dell'ingresso del 2° Piano del Palazzo Comunale. L'autenticità di questa lapide è stata riconosciuta da Teo­doro Mommsen che nella sua poderosa opera (Vol. IX - Berlino 1883 pag. 280 n° 2998) afferma che essa fu rinvenuta dal poeta Oliviero nel 1510 che la portò in C.da S. Giusta e da qui, nel 1520, fu trasferita nella città per ordine del Pretore Alfonso Belmonte.

Lo stesso Mommsen affermò che Lanciano fu 'senza dubbio munici­pio romano'.

Le testimonianze degli storici, le numerose iscrizioni latine rinvenute nel Medioevo e nell'età moderna, molte purtroppo andate perdute, i suoi templi, le sue istituzioni e le sue magistrature dimostrano, come scriveva un erudito storico abruzzese A. Ludovico Antinori, 'che fosse stata una città colta, ricca, ben governata, e non ignota ai Romani, le di cui pratiche ed usanze cercavano sempre di emulare nelle cose civile e sacre'. Vi si esercitava soprattutto l'arte della tessitura della lana e della lavorazione delle pelli, e una certa rinomanza avevano le attività com­merciali e 'l'arte farmaceutica' e 'l'unguentaria', come attestava una lapide sepolcrale in cui si leggeva di una Lucilla unguentaria.

In seguito la storia della Città registra gravi episodi di saccheggi e di guerra ad opera dei Goti e dei Longobardi. Questi ultimi, nell'anno 580, la rasero al suolo e successivamente costruirono sulla ripa del colle Fr­minio (Lancianovecchia) un imponente castello.

Sulle rovine della città romana i superstiti ricostruirono le loro case e, nel luogo dove sorgeva il tempio dedicato alla dea Pelina, fu costruita la Chie­sa di S. Maurizio (crollata nel 1825) che, secondo quanto riporta il Fella, apparve ai Lancianesi nel 610 durante l'assedio del greco Comitone.

Sulle rovine del tempio di Marte, nella corte anteana (Piazza Plebisci­to) fu costruita la Chiesa dei Ss. Legonziano e Domiziano. Qui nel 700 avvenne il Miracolo Eucaristico che oggi si conserva nella Chiesa di S. Francesco.

Dopo l'invasione dei Franchi (sul finire del 700) si assiste al progredire dell'espansione cittadina. Rifioriscono le scienze e le arti. In una perga­mena deI 981 Lanciano viene nominata città e castaldia.

Fu in questo periodo che aumentarono le fortificazioni e fu iniziata la costruzione di un intero Quartiere che ancora oggi è chiamato 'Borgo' cioè luogo fortificato.

Nel Medioevo troviamo a Lanciano una popolazione il cui grado di civiltà e benessere è additato all'ammirazione di tutti da molte città del Mezzogiorno, soprattutto per le sue attività mercantili. Nel 1212 Federico Il di Svevia la eleva a terra demaniale e Carlo II d'Angiò la dichiara 'perpetuamente demaniale'. Conseguenza di questa sottra­zione alla giurisdizione feudale, specie a quella del conte Filippo di Fiandra, fu il privilegio del 1304 con cui la Città ebbe il suo Mastrogiurato: avvenimento che dà il segno a tutto il suo successivo evol­versi comunale e commerciale.

Le nundinae diventano le famose Fiere che richiamano mercanti da tut­te le parti, anche da paesi esteri; «v'erano genti -' racconta uno Storico, del contado col giubbetto rosso e turchino, poi Ebrei dalle fasce gialle, e Albanesi e Greci, e Dalmati e Toscani: era un insieme di lingue diverse, era una confusione, era ' un incubo».

Le sue porte Medievali, di cui unica superstite è quella di S. Biagio, ac­coglievano sotto l'immunità mercanti provenienti da ogni parte e le Fie­re duravano tanto che ne nacque anche il modo di dire riportato dal vo­cabolario della Crusca: «tu non giungeresti a tempo alle Fiere di Lancia­no, che durano un anno e tre dì».

Fino al XV secolo la Città diviene sempre più florida per popolazione, per istituzioni, per monumenti. Ai tempi di Carlo III di Durazzo certo Ma­stro Giovanni Milascio introdusse nella Città 'l'arte di fare gli aghi' e 'l'insegnò ai cittadini' sì che ben presto gli aghi furono noti ovunque, come ricordano due poeti veneziani nelle loro commedie: 'due aghi de Lanzan pungenti e fini per un pezo pigliai'; 'Cabaleo, che prima ven­dea ménole, adesso va vendendo aghi de pomole, ed aghi de Lanzan pe' 'ste pettegole'. Una via, quella degli 'agorai' nel Quartiere Lancia­novecchia, attesta ancora quanto fosse sviluppata questa arte.

Negli ultimi anni del XIV secolo, sotto il Regno di Ferdinando I d'Arago­na, Lanciano ottiene dall'Abazia di S. Giovanni in Venere 'la terra di S. Vito' con la concessione di costruirvi un Porto.

Questo avvenimento, che comportò circa due secoli di durissime lotte con la vicina Ortona, fu importante non solo per l'incremento delle sue Fiere ma per il suo sviluppo economico e civile, tanto che, fra le altre città d'Abruzzo, si distingueva anche per uomini di scienza e di cultura, come il famoso Giureconsulto Carlo Tapia e il Naturalista Giacomo Fella.

Il territorio di Lanciano era molto esteso. Con un apposito verbale redatto il 15 maggio 1578, i regi tavolari della Provincia di Chieti ne stabilirono i confini. Dalla copia del verbale autenticata il 20/4/1777 daI Notaio France­sco Paolo Renzetti di Lanciano risulta che i confini di Lanciano si estende-vano fino a comprendere la località S. Rocco di Castelfrentano, Mozza­grogna, il feudo di Sette a Piazzano, Villa Scorciosa e S. Maria Imbaro.

Poi, come per molte altre città del Meridione, le invasioni dei Francesi e degli Spagnoli in lotta tra di loro, cominciano a provocare i fenomeni di declino. Dissidi interni tra alcune potenti famiglie, il terremoto del 1456, continui ten­tativi da parte di vicini signori feudali, come i d'Avalos di Vasto, di impadro­nirsene, le pestilenze, inizia un periodo di triboli per Lanciano. Con la tirannia del governo spagnolo del XVI e XVII secolo, che ricordano le numerose rivol­te nelle province napoletane, cominciano a esserle ritirati i privilegi e le im­munità delle sue Fiere; e i dazi, la poca sicurezza delle strade infestate da la­dri, una tremenda pestilenza del 1656 completano il processo di decadenza.

I fatti politici di quest'epoca segnano la fine della sua libertà demaniale e comunale e la 'compera' da parte del marchese di Vasto Ferdinando d'Avalos, che la carica di balzelli e di tasse. Di questo sventurato vassal­laggio alla casa d'Avalos, durata fino alla seconda metà del Settecento, si raccontano episodi tristissimi come quello di alcuni cittadini costretti a vendere i figli per redimersi dalle implacabili vessazioni delle imposte.

Nel Settecento la vita della Città non presenta avvenimenti di grande importanza per lo meno quanto all'economia cittadina e al suo svilup­po; essa è caratterizzata da quella oppressione degli spiriti comune a tutte le città sotto il regime degli Spagnoli. Pur tuttavia in questo perio­do troviamo grandi musicisti come Fedele Fenaroli, giuristi come Giro­lamo Montanari, naturalisti come G. Battista Verna.

E all'inizio dell'Ottocento che in Lanciano notiamo un risveglio civile che riguarda tutta la popolazione. La Città partecipa a tutti gli eventi politici del Risorgimento, a cominciare da quelli della Repubblica par­tenopea del '99, e la sua collaborazione è fattiva e in senso progressista. Numerose furono le sollevazioni antiborboniche, soprattutto ad opera dei patrioti Carlo Madonna e Domenico Genoino; i suoi moti in­surrezionali del '48, del '49 e del '53 furono a carattere popolare, ed in seguito a quello del 22 marzo del '50 venne addirittura da Napoli il Generale De Brunner per ristabilire l'ordine, I suoi sentimenti aperta­mente ostili ad ogni tirannide, il suo spirito democratico e il cospicuo numero dei suoi 'attendibili', le valsero l'appellativo da parte della polizia borbonica di 'città fellona'.

E appena il giorno dopo l'entrata in Napoli di Garibaldi, I '8 settembre del 1860, che Lanciano unanime delibera la sua annessione all'Italia unita: 3699 elettori votarono tutti favorevolmente.

Successivamente la Città si mantenne sempre ancorata a questi principi di libertà e di democrazia scrivendo, per la resistenza organizzata contro i Tedeschi nell'ultima guerra, una delle più belle pagine della sua storia che le valsero la medaglia d'oro al valore militare.

Ma con i periodi dei suo massimo splendore, niente più del suo folklore e del suo sentimento religioso si presenta capace di svelare il suo passato e di farne vagliare la vitalità. Il culto religioso è motivo della nascita delle sue leggende, dei suoi Santi Patroni, delle sue tradizioni miracolistiche.

La sua poesia popolare, di origine comunale e religiosa, adattava alla for­ma volgare dell'antica canzone da ballo la leggenda agiografica, mentre, per una lenta elaborazione di uomini dotti o ignoranti, si formava un in­sieme di consuetudini, usi, costumi ove permangono motivi anche di al­tre popolazioni ivi stanziate, come i numerosi mercanti Slavi ed Ebrei.

Sono ancora vive tradizioni di inestimabile valore per la storia del popo­lo e del suo costume: la squilla, il dono, la festa di S. Egidio, la festa di S. Antonio abate e resti di laude e sacre rappresentazioni Medievali co­me la Processione di Pasqua; e poi arti e tecniche che si tramandano da secoli, come quella dei vasai di Lancianovecchia, e molte feste religiose e civili, che rappresentano ciò che rimane del patrimonio culturale po­polare. Così, ancora, molte canzoni delle contrade, anonime e di natura schiettamente rusticana e numerosi usi e formule di filosofia spicciola, accettate anche da gente colta, attestano una vita che nel suo intimo si svolge sulle tracce della Città antica.

Tratto dalla Guida Storico Artistica edita dal Comune di Lanciano. Testi di: Vittorina De Cecco, Emiliano Giancristofaro, Vittorio Renzetti

Il Miracolo Eucaristico

ImageÈ il primo che la Chiesa Cattolica ricordi e avvenne nell'VIII secolo nel­la chiesa di S. Legonziano dei monaci Basiliani. Un Monaco, mentre celebrava la Messa, fu tormentato dal dubbio circa la reale presenza di Gesù Cristo nel Sacramento; il Prodigio si verificò con la trasforma­zione dell'Ostia Santa in Carne e dei Vino in Sangue che si raggrumò in cinque piccoli globuli irregolari per forma e grandezza.

Altri articoli...

  1. La nostra città

    benvenuti al Rotary

cos'e' il rotary?

storia del Rotary

Centenario Rotary Foundation